- 100° p. Morell sj

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p Alberto Remondini sj

 

Buonasera, come detto non faccio parte delle origini del centro Schuster perché ho messo piede qui nel 2002. Quindi sono uno dei giovani sono fra quelli arrivati nell'ultimo decennio e come si diceva, sono arrivato qua perché i miei superiori mi hanno chiesto di occuparmi dei Gesuiti del Nord Italia.
Ai tempi,  fare il superiore dei gesuiti non è una cosa tanto scontata e tanto semplice perché si tratta di occuparsi di cavalli da corsa spesso non facili da domare, che spesso che tendono andare un po' per conto loro, intendiamo, perchè ora che non sono superiore sono parte di questo gruppo un po' particolare. E io che arrivavo da una quindicina d'anni passati a Genova accanto alle persone sulla strada mi trovavo davvero spiazzato.  Soprattutto la seria difficoltà era che il numero dei gesuiti dal 90 a oggi stava diminuendo molto velocemente e a questa diminuzione veloce seguiva una necessaria diminuzione delle nostre presenze quindi il compito di fare il superiore è un compito difficile perché si tratta di fare delle selezioni e spesso di chiudere.

Però se fosse questo soltanto il compito dei Superiori, avremmo dei superiori perennemente depressi, invece ci sono delle scintille e delle luci che avvengono nel cammino della Compagnia. In questo senso, è vero i Gesuiti sono di meno è vero le nostre comunità diminuiscono e le chiudiamo, e io nel periodo di sei anni, ho contribuito a chiudere sei sette comunità e credo che i ritmi continuino un po' su questo stile. Però la cosa che ho osservato quasi da subito, che non era altrettanto per le opere, cioè per le attività che i Gesuiti avevano messo in cantiere. Si chiudevano le comunità ma sempre di più accadeva che opere cioè attività apostoliche dei Gesuiti che avevano fondato, e fatto crescere continuavano anche con la diminuzione dei Gesuiti. Non tutte c'erano alcune opere che finivano, finivano insieme con il Padre fondatore perché aveva spesso identificato sè stesso con l'opera e per cui alla fine della sua vita anche l'opera veniva meno.

Io mi sono trovato qui in un momento che direi magico per lo Schuster perché era un momento nel quale si cominciava a pensare a dei cambiamenti, per i Gesuiti era chiaro che non avremmo trovato un successore a Padre Morell per gestire questa attività, però in questa attività, in questo Centro c'erano alcune caratteristiche che erano tipiche delle attività della Compagnia cioè un grande legame con l'ispirazione, con l'ispirazione e con il nostro carisma, la fiducia nell'uomo, fatto che ogni uomo ha le capacità per poter gestire la vita e vivere con soddisfazione, ma con la necessità che ci sia qualcuno al suo fianco e che l'aiuti a tirare fuori le sue risorse e investire con significato e con gioia.

Questa cosa l'ho vista subito qua, era impressionante per me vedere il volto dei ragazzi il loro numero, più di 1000 ragazzini, che giravano da un campo all'altro. Io non avevo mai messo piede in vita mia in un Centro Sportivo per cui ero assolutamente un incompetente. Ma certamente capivo che i ragazzi che giravano qui avevano percepito qualche cosa che aveva a che vedere con la nostra visione del mondo e col nostro modo di starci quando ogni persona vuole fare il protagonista. Il fatto che in panchina allo Schuster non rimanessero i più deboli ma si stesse a turno era un fatto che mi aveva molto colpito.

Ecco non so con quale criterio mi hanno proposto di fare il presidente del centro sportivo, a uno che non aveva mai messo piede dentro un Centro Sportivo, però è stata una delle esperienze più belle più appassionanti dei miei sei anni di superiore. Venivo qua un po' a ritemprarmi a riprendere le forze ci trovavamo sotto il pergolato si mangiava e si beveva insieme ma si facevano e si scoprivano tante cose. Abbiamo fatto squadra e in quel momento io credo che lo Schuster abbia fatto un salto avanti.  Lì mi sono reso conto che i laici coi cui avevo a che fare, in questo consiglio direttivo dove mi sono trovato come un grande regalo in quel momento, avevano tutte le carte in regola per poter gestire e far crescere un'attività formativa della Compagnia e con loro ho condiviso questa passione portando quel poco che potevo da un punto di vista dell'aggancio con l'ispirazione ma condividendo con loro un'altra dimensione una seconda dimensione che è quella della missione.

Allora noi parliamo di visione  che è il nostro modo di leggere il mondo e di proporre di fare una proposta di salvezza per il mondo a partire dal Vangelo ma poi abbiamo una missione che il Signore ci chiede delle cose che non sono più chieste ai Gesuiti come tali ma sono chieste a coloro che si prendono cura e si prendono carico della gestione delle opere. In quel tempo evidentemente ho cominciato a frequentare padre Morel.

Non sono completamente d'accordo con quello che è stato detto che fosse arrabbiato del cambiamento fosse... non era arrabbiato ma aveva capito che se lo Schuster cambiava sopravviveva diversamente sarebbe finito. Questo era chiarissimo per lui, certo che era un passo faticoso per uno che qui faceva tutto dall'ordinare l'acqua minerale, mi dicevano, a tirare le strisce per terra a acchiappare uno per l'orecchio eccetera eccetera, l'idea di farsi da parte devo dire che, per me, accanto alle parole visione missione c'è stata quella dell'umiltà dell'obbedienza del padre Morell.

Ho avuto con lui dei colloqui di altissimo profilo di grande spiritualità in cui lui mi confidava la sua fatica ma anche la sua gioia per questo passaggio. Aveva capito molto bene che questa era la via decisiva perché il centro Schuster potesse continuare a sviluppare e a svolgere la sua funzione educativa e questa funzione l'ha vissuta fino alla fine l'ha vissuta internandola non era una finzione c'era la fatica la fatica degli anni la fatica del cambiamento, più uno và avanti con gli anni più diventa difficile cambiare, ma c'era anche questa fiducia e questa disponibilità. Io ho preso appunti ho molte annotazioni dei miei colloqui con padre Morell perché devo a lui un insegnamento molto concreto per quello che noi Gesuiti diciamo l'obbedienza religiosa un'obbedienza non di costrizione ma un'obbedienza nella convinzione che si continua a lavorare per il Signore e che il Signore nel cambiamento porta i tuoi nuovi impegni che vanno recepiti da altri.

Di questo sono grato come credo siamo grati tutti e fiducioso perchè questo cambiamento non è finito e i cambiamenti come credo voi saprete qui allo Schuster sono comunque ancora difficili per coloro che oggi ci sono e per i nuovi che arriveranno domani e dopodomani.

 
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