Skip to content

Le persone che ho incontrato al Centro Schuster


Le persone che ho incontrato al Centro Schuster

Padre Pier Zanetti s.j.

Due anni e mezzo fa varcavo per la prima volta nella mia vita il cancello di via Feltre 100.
Accompagnavo padre Gabriele Semino. Sulla nuova Panda Blue, seduto a fianco dell’autista, ascoltavo il mio interlocutore che si raccontava, e osservavo con occhi grandi meravigliati, estasiati il verde che ci circondava. “Tutto questo Centro l’ha fondato e portato avanti Padre Morell…”. Lo interrompo e chiedo: “Scusa, chi?”. Era pressochè la prima volta che sentivo parlare di questo padre. Come in una soffitta poco illuminata, da un baule antico che si apre, la memoria mi riportava ai tempi del noviziato, quando due miei confratelli, Iuri e Francesco, erano saliti a Valtorta per dare una mano alle iniziative estive del Centro.

Di ritorno avevamo fatto passare le foto e una riprendeva l’altare e il tabernacolo della chiesa dello Schuster: incastonato al cuore del roveto ardente, secondo l’esperienza originante di Mose, le fiamme dorate, rosse ed arancioni, ben illuminate, mi avevano colpito e attratto lasciandomi un sentimento di bellezza, calore e passione. E’ la vita che qui si incontra. Credo che questa immagine renda il nocciolo, il fondamento dello Schuster: chi si dedica in questo luogo e generato e mosso dal vivo sentimento di passione. Passione per le cose che si fanno e per la gente che si incontra, passione come modo di vivere e luogo dove persone vivono.

Arrivavo comunque, senza saperlo, in un luogo dove la gente era ancora segnata più o meno consciamente dal lutto: il lutto appunto per padre Morell. Il padre li aveva lasciati, orfani. Eppure questa gente si era rialzata, come mossa dalle parole non dette ma vissute: l’importante e vivere il momento presente, senza sprecare tutto il bello che abbiamo vissuto. Pretendere di staccarsi da ciò che costituisce il nostro passato, sarebbe la morte, la fine di una famiglia e di amicizie che qui al Centro abbiamo trovato. Dobbiamo vivere questa unica vita che ci e data, stando dentro alle relazioni e rapporti umani interamente vissuti.
E non importa che tu sia cristiano, mussulmano, ebreo o ateo o qualsivoglia altra persona, qui devi poterti sentire a casa. A ciò che il padre aveva loro insegnato, questa gente e ritornata. E’ tornata a interrogarsi su cosa o meglio su chi l’aveva mosso a fondare questo Centro, a vedere il modo di vivere di chi l’aveva attratto, il suo stile e i suo gesti, il suoi modi di decidere e da quali sentimenti fosse spinto in avanti. Semplici e radicali risposte: i ragazzi furono la sua passione e lo stile era dato da un Gesù incarnato nell’esistenza: se vuoi cambiare il mondo, le istituzioni e la società, devi iniziare a dedicarti interamente alia formazione dei ragazzi, a partire da quelli più svantaggiati, delle periferie. Devi fare ogni giorno un piccolo passo verso l’umanità e costruire l’uomo che è in te.
Oggi, mentre la passione per i giovani e rimasta intatta, tante altre cose sono cambiate. E’ cambiata la struttura che intesse il Centro, dove i laici gestiscono tutto l’intero complesso e le diverse attività. E cambiato un modello educativo e culturale: se prima le persone erano agite o agivano per lo più per paura e necessita, o sotto l’indicazione di un leader indiscusso, oggi la gente si muove per desideri, col rischio e timore di non saper più scegliere tra l’enorme quantità e la diversa qualità delle proposte che la società ci presenta, si confronta e cerca amicizie di valore.
In altre parole, la spiritualità ignaziana non e più solo monopolio dei padri gesuiti da cui si attingeva per osmosi, ma sempre più la gente si appassiona ad essa e ne trae giovamento, impara a mettere a fuoco il proprio vissuto e ciò che gli giova, lasciando andare quanto e ormai obsoleto o di impedimento. E’ questa la nuova sfida, a cui Ignazio di Loyola richiama nei suoi esercizi spirituali: imparare a distinguere e a discernere, a scegliere il meglio e a decidersi per se a favore degli altri, per il bene comune.
E tu ne sei in grado! Essere poi risoluti nella decisione intrapresa e, a esperienza vissuta, trarne i frutti.

Dunque l’attenzione si e spostata non più sull’apparire delle cose ma sulla realtà di una quotidianità fatta di relazioni, sull’interiorità e sui vissuti delle persone, sui desideri di esse e sulla consapevolezza del rispetto delle coscienze. Detto diversamente: quale uomo o donna sono in grado, voglio e posso essere. Dalia massa delle persone che agiscono secondo l’idea di qualcuno, si e passati a una comunità di persone che si interrogano su ciò che e il meglio possibile e realizzabile. Il processo e stato iniziato, la via e tracciata ormai.
Buon cammino.
Padre Piergiacomo Zanetti SJ