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Creare un gruppo. Allenamento, il momento di

CREARE UN GRUPPO

(da Verdenero 2008)

L allenamento è il momento di contatto  più importante che  un allenatore ha con il gruppo-squadra.

Durante l’allenamento l’istruttore può soffermarsi su diversi obiettivi con una tempistica adeguata alle necessità del gruppo, adeguando i programmi all’evoluzione del lavo­ro.

Nel momento agonistico (gara) questa possibilità è molto ridotta, sia perché la variabile tempo è li­mitata e sia perché l’attenzione vie­ne posta principalmente sulla messa in pratica e verifica di quanto si è fatto durante la settimana. Pertanto l’allenamento si caratterizza per la definizione di obiettivi tecnici/tat-tici/fisici che vengono sviluppati mediante il lavoro sul campo (o in palestra).

Ma oltre a ciò l’allenato­re può sviluppare alcune proposte pratiche in grado di coniugare al tempo stesso fnalità sportive e tra­smissione di alcuni valori impor­tanti che sono basilari in uno sport di squadra, come la conoscenza del compagno, la coesione, la fiducia negli altri, lo spirito di sacrificio e l’aiuto reciproco.

A tal proposito possiamo mettere in evidenza tramite alcuni semplici esempi come sia possibile trasmet­tere ai ragazzi questi valori.

Per quanto riguarda la conoscenza del proprio compagno, utile soprat­tutto nel caso di gruppi di nuova formazione o con innesti di un ampio numero di ragazzi che non erano presenti in squadra durante la stagione precedente, un’utile eser­citazione consiste nel subordinare l’obiettivo tecnico prefissato (fare un numero di passaggi consecutivi oppure concludere a rete) all’obbli­go di dire a voce alta il nome del compagno a cui passo la palla o da cui ricevo la palla, pena la perdita del possesso della palla o l’annulla­mento della rete.

In relazione alla conoscenza delle relazioni intercorrenti tra i singoli all’interno di un gruppo già pree­sistente e del loro grado di coesione (utile nel caso di un allenatore che subentra ad una precedente guida tecnica) un semplice aspetto prati­co per identificare alcune situazio­ni tipiche su cui l’allenatore andrà poi a lavorare in seguito (il leader, l’emarginato, il rifiutato o il benvo­luto) può essere quello di chiedere ai ragazzi di mettersi liberamente a coppie o a terne per svolgere uno specifico esercizio tecnico, oppure di nominare due “capitani” (come si faceva una volta nelle partite im­provvisate) a cui spetterà il compito di formare le squadre che si affron­teranno nella partitella finale.

Nel primo caso alcuni ragazzi for­meranno immediatamente le cop­pie o le terne, altri si sceglieranno in un secondo momento e altri an­cora rimarranno soli in attesa del­l’intervento dell’istruttore che darà loro un compagno. Nel caso della formazione delle squadre, le prime scelte saranno dettate da empatia o da stima nelle qualità sportive, mentre le ultime saranno dettate da “mancanza di feeling” o scarsa stima nelle capacità sportive del compagno.

L’allenatore potrà affrontare queste dinamiche relazionali in un secon­do momento, anche attraverso al­cuni strumenti più evoluti (come un test sociometrico), indirizzan­do interventi mirati ad aumentare la coesione del gruppo, favorendo l’inserimento degli “emarginati”/ ”rifiutati” attraverso l’affiancamento ai leader per far sì che grazie al carisma di questi ultimi ed alla loro “tutela” il gruppo riesca con il tem­po ad integrarli appieno.

La fiducia negli altri, lo spirito di sa-crificio e l’aiuto reciproco in alcuni sport vengono sviluppati attraverso veri e propri “riti di iniziazione”. Si pensi a tal proposito come nel rugby sia consuetudine diffusa che ogni nuovo giocatore si sottopon­ga ad una prova: si lascia cadere da una panchina o da una superficie lievemente elevata spalle al terreno, fidandosi che tutti i compagni alle sue spalle lo sorreggeranno impe­dendogli di battere con la schiena a terra.

Questo rito evidenzia la centralità della fiducia negli altri portata sino al limite massimo di mettere nelle mani degli altri la propria incolu­mità fisica.

Per quanto riguarda i nostri ragaz­zi, questi concetti possono essere sviluppati mediante esercitazioni situazionali che prevedono una progressione didattica. Si parte da un’ipotesi di inferiorità numerica 1>2 (o 1>3) invitando il giocatore a superare tutti gli avver­sari per poter fare goal.

Dato che con buona probabilità la giocata individuale in inferiorità numerica non permetterà di rag­giungere l’obiettivo, a quel punto si introdurrà un nuovo compagno per giocare in parità numerica 2>2 (o in minore inferiorità numerica 2>3), status grazie al quale il gio­catore capirà, attraverso tentativi ed errori, che è necessario collaborare e quindi fidarsi anche delle capaci­tà e dell’aiuto altrui per poter rag­giungere l’obiettivo finale.

In conclusione, tutto quanto sopra descritto può essere uno stimolo per tutti gli istruttori affinché mo­dulino le proposte tecnico-tattiche tenendo in considerazione anche piccoli accorgimenti che possono sviluppare e fissare nei ragazzi alcu­ni valori destinati a restare capisaldi aldilà dell’esperienza sportiva.

Massimiliano Crippa